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La vita oltre la vita in duemila anni di immagini sacre

 

L'INFERNO DEGLI ARTISTI 

 

 


       

        

           "Fa il bene finchè vivi se dopo morte vivere vuoi"

 

La figura del Cristo Giudice  nel Giudizio Universale della Cappella Sistina di  Michelangelo a Roma, realizzato tra il 1535-41, sembra  sintetizzare nella sua forza espressiva, tutti i tentativi di raffigurazione compiuti intorno a questo tema. Forse perché l'immagine del  Cristo riprende qui "un'antica bellezza" che supera  i limiti imposti  dalla stilizzazione medioevale ancora bizantina, o forse  per il contrasto che appare tra il volto severo, ma pacato senza turbamento e quel gesto terribile che sembra precedere immediatamente  lo scoccare della  sentenza definitiva e irrevocabile, una forza immensa che fa precipitare i dannati alla sua sinistra  e sospinge in alto gli eletti a destra.  Neppure la Madre può intervenire nella definitiva sentenza e, mesta, volge il capo verso gli eletti.

              L'energia  possente del Cristo, intorno al quale  ruota un'umanità  gigantesca  in dinamico, plastico contrapporsi, rende evidente, come nessun altro, la seconda  tragica parte  del discorso di Gesù riportato da  Mt 25: "Via da me,  maledetti, nel fuoco eterno preparato per il diavolo e per i suoi angeli. Perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare; ho avuto sete e non mi avete dato da bere; ero forestiero e non mi avete ospitato, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato..."

              Sul tema della "dannazione eterna" il Papa, il 28 luglio 1999,  volle fare un discorso  dettato dal crescente bisogno di liberare la fede da ogni sovrastruttura ideologica,  di un aldilà modellato su schemi al tempo stesso umani e divini, concreti e fantastici, depurandolo dalle concezioni  che, alimentate da predicazioni suggestive, hanno suggerito all'arte  immagini terrificanti e tragiche.

"Ricorrendo alle immagini, il Nuovo testamento - dice il Papa - presenta il luogo destinato agli operatori di iniquità come una 'fornace ardente dove è pianto e stridore di denti' (Mt 13,42) o come 'lo stagno di fuoco' (Ap 20,13) senza possibilità di ritorno (Lc.16,19-3)...ma non è un castigo inflitto dall'esterno -  prosegue  il Papa - le  immagini con cui la S.Scrittura ci presenta l'Inferno, devono essere rettamente interpretate...la Scrittura si avvale di un linguaggio simbolico che si preciserà successivamente...."

Anche l'opera pur stilisticamente innovativa di Michelangelo, mentre si richiama alla Scrittura, rimanda nella sequenza scenica, alla letteratura medioevale.

         

  In basso, infatti, vediamo la massa dei dannati che salgono sulla Dantesca barca di "Caron Dimonio"  per passare a quel "Minosse.. che "orribilmente ringhia... e ...giudica e manda secondo che s'avvinghia".

              L'opera di Dante, costituisce il massimo capolavoro elevato ad altissima poesia, di un genere letterario che dall'inizio del II millennio si diffuse ad opera di predicatori e movimenti  religiosi,  con la circolazione delle laudi  e il fenomeno dei flagellanti  suscitori di violente emozioni. In Italia appare nel 1200 l'opera di Bonvesin da la Riva e di Giacomino da Verona,  in Francia l'opera "Le Traitè des peines de l'Enfer" e il racconto dei viaggi infernali del sec. XII, dove coraggiosi pellegrini scendono a visitare la regione infernale del "fuoco inestinguibile" (Mc 9,43) per tornare atterriti a narrare la terribile esperienza, quale salutare monito alla retta via. La precarietà della vita, con la peste che mieteva milioni di vittime, ossessionava l'uomo e la morte era vista come l'evento  dell'imparziale Giustizia.

                                                                              Firenze - Convento diS.Marco

Gli artisti vengono impegnati a visualizzare            Beato Angelico - L'Inferno                                                                                              

sulle pareti delle chiese la predicazione sul destino umano nell'aldilà, ad ammonire  su Virtù e Vizi, morte e Giudizio, premio e castigo; pittura in cui "l'arte non è un piacere - scrive Andreina Griseri - ma espressione di cose essenziali",  didattica popolare fatta per colpire e impressionare. Vengono rappresentati i trionfi della morte (F.Traini camposanto di Pisa) le danze macabre tra vivi e morti di cui a Saluzzo in S.Martino troviamo un esempio di grande raffinatezza. I testi dell'ars moriendi raccontano il dramma dell'uomo dibattuto tra bene e male nel momento del trapasso. Il luogo dei dannati è presentato con composizioni grandiose - nei Biazaci, a Montegrazie e Albenga divise in riquadri - dove i viziosi su strane cavalcature entrano nell'infernale bocca del drago, per diventare preda di diavoli neri pelosi come satiri, incaricati di infierire su di loro con ogni tormento. Uno spazio oscuro illuminato tragicamente dalle fiamme  infernali e dalla pece bollente dove sono costretti Lucifero e Giuda, mentre i tormenti dei dannati simili alle torture in uso nel tempo, incutono terrore.

Immagini curiose e cruente, narrazioni rese con incisività e illustrate da didascaliche bindelle svolazzanti.

Montegrazie(IM) Tommaso Biazaci-   

Memento mori: un demone carpisce

un'anima,l'angelo piange   1483

La riflessione sul "memento mori", il  premio per i buoni e il tragico destino dei  reprobi,  diventa uno dei temi più cari  all'arte del tempo: dal Camposanto di Pisa al portale del Duomo di Beaulieu(Francia); dal Beato Angelico di S.Marco a Firenze a Michelangelo. E poi gli affreschi delle nostre cappelle quattrocentesche: da S. Sebastiano a Celle Macra del Baleison e S Fiorenzo di Bastia, al Canavesio della Madonna del Fontano a Briga. Un florilegio di immagini terrificanti, dipinti in cui tutto è teso a svelare in modo spettacoloso la bruttezza del peccato e l'orrore della pena eterna, immagini  ben comprese dal popolo che, per lo più, accoglieva l'invito alla penitenza e alla conversione.

 Nel tardo Medioevo i temi trattati diventano poi soggetto di Sacre rappresentazioni, coinvolgente trattenimento per un popolo - allora come oggi - divertito e attratto dallo spettacolo  pauroso e tragico.

Pagine che   l'uomo di oggi rifiutando la stessa ipotesi dell' esistenza dell'Inferno circoscrive nell'ambito della favola. Ma il Papa nel suo discorso puntualizza in modo molto  illuminante questa realtà: "La dannazione non va attribuita all'iniziativa di Dio...è la creatura che si chiude al suo amore...L'inferno più che un luogo  è la situazione in cui viene a trovarsi chi liberamente e definitivamente si allontana da Dio sorgente di vita e di gioia.

"Dio è Padre infinitamente misericordioso, che chiama tutti alla salvezza, ma l'uomo è chiamato a rispondergli nella libertà e può scegliere di respingere il suo amore...sottraendosi così alla comunione gioiosa con Lui"                 

Nei  primi secoli  cristiani, l'arte delle Catacombe esprime la fede gioiosa nella Risurrezione e della comune chiamata alla vita eterna, la speranza nel Salvatore Gesù il cui invito è per la salvezza non per la condanna. Per i cristiani delle origini la morte  non è che il sonno in attesa della risurrezione, il buio  diventa l'entità da combattere ed eliminare con l'uso delle lucernette, dei lucernari disposti strategicamente, e con l'uso della pittura su fondo bianco.                                                                                                                                                                                                                                                

Nei primi secoli non ci sono richiami figurativi alla dannazione eterna,  la stessa figura del Demonio non compare che nel  sec.X, ma i cristiani delle origini credono in questa possibilità e la letteratura patristica, esortando al bene,  invita ad evitare "il fuoco  del futuro giudizio e della pena eterna riservata agli empi" (Policarpo 155 d.C.)

 La "dannazione" consiste proprio nella definitiva  lontananza da Dio liberamente scelta dall'uomo e confermata con la morte che sigilla per sempre quell'opzione...che Dio ratifica.  Il rischio del "si" e del "no"  contraddistingue la libertà creaturale umana ... la dannazione rimane una reale possibilità. Tuttavia il pensiero dell'Inferno - tanto meno l'utilizzazione impropria delle immagini bibliche - non deve creare psicosi e angoscia, ma rappresenta un salutare monito alla libertà dell'uomo...Gesù risorto ha vinto Satana.

 E' questa la prospettiva ricca di speranza che pervade l'annuncio cristiano fin dalle origini.

 Ed  è anche questo il monito che il pittore Tommaso Biazaci scrive  a Montegrazie nel cartiglio che commenta la scena dell'uomo conteso tra angelo e demonio: "Fac bonum cum vivis, si post mortem vivere vis" (Fai il bene finchè vivi se dopo la morte vivere vuoi).                                           

                                                                                                              

              LOVISOLO MIRELLA

 

 

Montegrazie - T.Biazaci -

Anima dardeggiata dalla morte,

contesa tra diavolo e angelo

 

CORRIERE DI SALLUZZO - ARTE  E  FEDE - 16 FEBBRAIO 2001

 

 

 

 



Per informazioni e approfondimenti contattaci: mirellalovisolo@gmail.com

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