L’EDITTO DELLA LIBERTA’ RELIGIOSA La Mostra “COSTANTINO 313” a Milano
“Noi
Costantino e Licinio …abbiamo ritenuto che a nessun uomo sia negata la facoltà
di aderire ai riti dei cristiani o di qualsiasi altra religione…cosicchè la
Divinità suprema possa continuare ad accordarci benevolenza e favore. A tutti
coloro che scelgono di seguire la religione cristiana deve essere permesso di
rimanervi in assoluta libertà. Inoltre desideriamo che tutti i luoghi dedicati
ai riti religiosi dei cristiani siano restituiti ai cristiani subito e senza
indugio”.(dal testo dell’Editto di Milano del 313 riportato dallo
storico Lattanzio) Più che di un editto si trattava di decreti attuativi del
precedente Editto di tolleranza emanato dall’imperatore Galerio a Nicomedia nel
311. Tuttavia il documento del 313 andava oltre, stabiliva, infatti, la
restituzione dei beni confiscati ai cristiani dallo stato, ponendo i nuovi
concetti di tolleranza e di convivenza di fedi diverse; un concetto di libertà
religiosa che rinnoverà l’Impero, proclamando il rispetto per l’individuo e la
sua libertà. E’ l’atto di nascita della libertà religiosa che, come diceva
Marta Sordi, è ben diversa dalla semplice tolleranza.
Solido in oro con l'imperatore che
impugna il labaro col Chrismos
Nella ricorrenza del diciassettesimo anniversario del
cosiddetto Editto di Costantino, è stata organizzata a Palazzo Reale di Milano
una mostra grandiosa che rimarrà aperta sino al 17 marzo, dedicata a
quell’evento così significativo per la storia del Cristianesimo e per l’Europa
cristiana..
Costantino, protagonista di
quella svolta storica, fa discutere da sempre: esaltato e
idealizzato per un verso, detestato come opportunista e simulatore per l’altro. Da un lato l’imperatore spietato, cui si
addebita l’uccisione del figlio e della moglie, dall’altro, l’uomo convertito
dalla visione della Croce, il figlio di Sant’ Elena, autore dell’Editto per la
libertà dei cristiani.
La mostra organizzata dal Museo Diocesano di
Milano e patrocinata dalle più alte cariche e organismi culturali, si propone
attraverso un percorso artistico e documentario, splendidamente allestito,
didatticamente convincente e accattivante, una ricerca della verità del fatto
costantiniano, sul quale si sono costruite, nel tempo, luoghi comuni
convenzionali.
Dice Franco Cardini: “La storiografia tende a lasciarsi alle
spalle lo stereotipo di un imperatore filo-cristiano solo per interesse e
sottolinea l’adesione al suo motto “In hoc signo vinces” un episodio che
ha avuto una fortuna iconografica singolare, basti pensare alla splendida
interpretazione di Piero della Francesca nel ciclo La leggenda della
vera croce” di Arezzo. E si sono avanzati dubbi sulle tesi razionalistiche
correnti a proposito del segno che avrebbe visitato il figlio di Costanzo Cloro
e della cristiana Elena, la notte tra il 27 e il 28 ottobre del 312, prima
dello scontro militare contro le truppe del collega e rivale Massenzio a Saxa
Rubra, presso il ponte Milvio, alle porte di Roma. L’episodio è noto: il
generale romano alla vigilia dello scontro vede in cielo un segno, una
croce? O piuttosto un chrismon,
cioè le due lettere greche chi e rho intrecciate (sono le
iniziali della parola Christos, il Monogramma o Cristogramma già
noto nell’iconografia cristiana precedente) accompagnate dal motto
citato. Ma molte cose non sono chiare al riguardo.” Sogno o visione? Gli storici Eusebio e Lattanzio non concordano. Di
sicuro c’è che, da quel momento l’imperatore vittorioso userà come suo simbolo – nell’armatura
sull’elmo, sul vexillum, sulle monete da lui fatte coniare e ovunque -
il chrismon, in qulla forma che tutta la tradizione cristiana, ha reso
nota.
Frammento della fronte di sarcofago
con la croce sec IV Museo Vaticano
Era impossibile nel IV secolo, usare in termini di trionfo e di vittoria – quindi
come simbolo imperiale e Militare – la Croce che, anche per i cristiani, era il
segno di una morte ignominiosa e vergognosa (da non rappresentare che con i
simboli). Per farla accettare e farla divenire a sua volta simbolo di vita e di
vittoria, si dovette dorare, ingemmare, inserire in contesti solari e raggianti
(di cui la mostra presenta notevoli esempi). Solo un secolo più tardi superato
il primitivo senso di vergogna e di morte (e quando la pena della crocifissione
è eliminata da Teodosio), la Croce potè essere rappresentata”.
Dalla sua erezione di
chiese e di santuari e da molti passi delle sue opere, si è dedotto che
Costantino fosse un fedele sincero e convinto, ma altre interpretazioni
proporrebbero l’opposto.”Tuttavia – prosegue Cardini - la tesi del Costantino
simulatore potrebbe reggere solo a patto di poter ipotizzare un cristianesimo
già vittorioso a quel tempo, come sarebbe stato alla fine del IV secolo, ma
Costantino muore nel 337 egli (che si definisce “vescovo per quelli di fuori”)
non si è accodato a dei vincitori, ma ha imposto con forza la nuova fede, solo
dopo di lui il cristianesimo diventa irreversibile”.
Non sappiamo quanta fosse la sua fede, ma sappiamo che fu il primo
tra gli imperatori, dice Ambrogio, a scegliere la via della fede. Il fatto, in
seguito al quale, il, 3) I PROTAGONISTI
DELL’ETÀ DI COSTANTINO; 4) IL
CRISTIANESIMO DA COSTANTINO A TEODOSIOO;
4) IL CRISTIANESIMO DA COSTANTINO A TEODOSIOmondo non
potè più fare a meno di porre al centro Cristo e la sua croce, il Chrismon
che nella mostra diventa simbolo ed emblema, di ogni percorso. Sono in mostra I
sarcofagi di Passione (dove la chi diventa la croce sormontata
dalla rho e dalle due lettere apocalittiche alfa e omega
principio fine, simbolo dell’eternità divina di Cristo), le epigrafi
catacombali, lampade, anelli e gemme incise, sigilli con il chrismon del
cui utilizzo da parte dell’imperatore come “trofeo della passione e della salvezza”,
narra Eusebio nella sua Vita di Costantino
Cinque
le parti fondamentali della mostra. 1) MILANO CAPITALE IMPERIALE, completamente
rinnovata quando fu scelta come sede imperiale d’Occidente nel 293 e poi
ristrutturata sui modelli delle città militari; 2) LA SVOLTA DI COSTANTINO la rivoluzione
religiosa il tempo della tolleranza, 3) I PROTAGONISTI DELL’ETÀ DI COSTANTINCinque
le parti fondamentali della mostra. 1) MILANO CAPITALE IMPERIALE,completamente
rinnovata quando fu scelta come sede imperiale d’Occidente nel 293 e poi
ristrutturata sui modelli delle città militari; 2) LA SVOLTA DI COSTANTINO la
rivoluzione religiosa il tempo della tolleranza
Della prima parte, la mostra presenta i pannelli lignei
della porta di S.Ambrogio a MILANO del
sec IV e la Capsella (reliquiario) di S.Nazaro della stessa epoca.
Con l’arte
costantiniana del IV secolo si compie la rivoluzione dell’immagine,
appare il ritratto e il volto barbato di Cristo. La mostra richiama la
monumentalità delle statue di Costantino a Roma e presenta i volti di tetrarchi
e imperatori e quel ritratto di Costantino con la particolarità di
grandissimi occhi dalle pupille levate in alto come in visione a suggerire il
rapporto l'Imperatrice Elena. Musei Capitolini
Roma
privilegiato col Dio dei cristiani apparsogli in sogno.
Classicismo e monumentalità anche nella produzione pittorica, i temi cristiani derivati dal cerimoniale di
corte quali la Majestas Domini e la Traditio Legis con la frontalità del
ritratto. Gli stessi temi nei sarcofagi, come quello di Adelfia a
Siracusa dove campeggia il Buon Pastore dai tratti apollinei simbolo
dell’eterna giovinezza di Gesù Pastore che da la vita. L’ultima
parte è dedicata alla figura di Elena: IL POTERE AL FEMMINILE TRA REGALITÀ E
SANTITÀ. Elena
la madre, l’imperatrice archeologa e santa, celebrata in mostra da
un’iconografia straordinaria come la statua proveniente dai Musei Capitolini
e il sarcofago di porfido rosso in cui venne sepolta nella Tor
Pignattara sulla Via Labicana. Elena
considerata in quella regalità e in quella santità che le sono riconosciute nei
secoli, è proposta come modello di un potere al femminile che acquista significativa
rilevanza culturale. La sua figura viene immediatamente riferita al tema del Ritrovamento
della vera Croce che ebbe una gran fortuna iconografica. Numerosi gli affreschi che ne trattano, Pergamena Biblioteca
Capitolare di Vercelli. SEC IX ritrovamento della Croce
mentre in
mostra sono esposte, sul tema, opere tra cui pregiati arazzi e tra i
dipinti Veronese e Cima da Conegliano.
Ed è presentata l’antichissima pergamena
di Vercelli del IX secolo dove l’Ebreo Giuda rivela all’imperatrice
la collocazione della reliquia. Nel catalogo della mostra G.Bolis tratta di
questa grandissima figura di cristiana che volle recarsi a Gerusalemme per
ritrovare la vera Croce di Cristo ed elevare le basiliche sui luoghi santi.
Il racconto di questa vicenda si fonda sulle fonti risalenti al IV-V secolo di
Ambrogio, Eusebio, Rufino, Paolino da Nola.
Elena volle ricostruire a Roma una nuova Gerusalemme. Nel palazzo
imperiale sull’Esquilino, il Sessorium, l’imperatrice fece erigere la basilica
detta oggi Santa Croce in Gerusalemme per custodire le reliquie della
Croce. Nel Palazzo del Palatino aperto sul circo Massimo, Anastasia, sorella di
Costantino, fece erigere la basilica dedicata alla Natività. Qui fu celebrato il primo Natale del 326,
per la prima volta il 25 dicembre. Così la celebrazione della nascita di
“Cristo sole e luce del mondo”sostituì per sempre la pagana festa del solstizio
d’inverno, il sol invictus.
BIBLIOGRAFIA.
CATALOGO
della Mostra “Costantino 313 . Milano 2012 FRANCO
CARDINI. Il sogno di Costantino.Quando la croce conquista l’impero In “Luoghi
dell’infinito” n.166 novembre 2012 p.8
CORRIERE DI SALUZZO 6.12.012