IL
CROCIFISSO

Il caso del crocifisso di Ofena e la sconcertante sentenza del giudice dell'Aquila,
rimanda chi è interessato all'arte e ai documenti, a ricercare l'origine questa
raffigurazione, un'immagine diventata il simbolo privilegiato della nostra fede e della cultura
dell'Occidente radicata nel
cristianesimo.
Il Crocifisso, la cui presenza
nei locali pubblici risale al R.D. del 1924 e alla revisione concordataria del
1988, è stato rappresentato figurativamente a partire dal sec.V
e, simbolicamente in quelli precedenti, nelle catacombe.
L'opera che presentiamo è un
pannello della porta di S.Sabina a Roma del sec. V, uno dei rarissimi esemplari di scultura
lignea paleocristiana conservata; è la più antica raffigurazione della
Crocifissione che si conosca. In quest'opera Cristo è rappresentato frontalmente al centro
del riquadro notevolmente più grande dei due ladroni crocifissi
ai lati, per indicare - secondo un antico concetto - la superiorità del
personaggio; ha gli occhi aperti, il volto barbato, i
capelli lunghi. è cinto del perizoma, le braccia si allargano
nell'atteggiamento dell'"orante"; solo le mani sono inchiodate, dietro di esse appena si
intravedono le estremità del braccio
trasversale della croce. I piedi non sono inchiodati e poggiano per terra. La
testa si volge livemente verso destra per dire al
Buon ladrone le parole della salvezza: "Oggi sarai con me in Paradiso".
Il corpo del
Cristo per quanto possente sembra senza peso. Il volto di Gesù ha le sembianze
di un vivente e indica la totalità
dell'annuncio cristiano: il Cristo è morto ed è risorto, egli è il Vivente. La
scena è collocata sullo sfondo di un muro con un riferimento alle mura di
Gerusalemme fuori dalle quali sorge il Golgota. Sul muro appaiono tre frontoni su quello di destra
una finestrella, probabile allusione alla salvezza accordata al Buon Ladrone. Anteriormente al 400, l'arte delle prime comunità
esprime simbolicamente il sacrificio di Cristo con l'immagine dell' Agnello immolato e con l'ancora,
che in forme diverse camuffa la croce. Il Wilpert
afferma che nelle regioni cimiteriali appartenenti all'epoca tra II e V secolo,
ne esiste un folto gruppo di 200 esemplari. L'uso dell'ancora, a differenza di altri simboli catacombali, non ha riscontro in altre civiltà, è propria del
cristianesimo, e rivela il concetto
teologico originale: Cristo crocifisso e risorto è l'ancora della nostra
salvezza.
Il tema del crocifisso
rimane sconosciuto all'iconografia finchè Teodosio il
Grande soppresse la pena umiliante della
croce e l'immagine non suscitò più associazioni negative. La raffigurazione
del Messia crocifisso
"scandalo per i Giudei, stoltezza per i
pagani"(I°Cor. 1,23) poteva infatti scandalizzare
gli ebrei e intimorire i neofiti, nonché suscitare il disprezzo dei pagani come appare nell'incisione del Palatino dove è rappresentata l'immagine di un asino
crocifisso adorato dal proselito Alessandro.
Con il IV secolo apparirà,
nell'abside delle Basiliche paleocristiane e specialmente nei mosaici ravennati, la Croce Gemmata che allude all'apoteosi finale di Cristo come
lo vediamo nella cupola del Mausoleo di
Galla Placidia a Ravenna dove
la Croce è al centro di una incredibile decorazione stellare. Molto frequente è
anche l'immagine dell'Albero Della Vita (S.Clemente a
Roma) Ma fino al V secolo non vi è il
corpo di Cristo appeso.
Dopo la coraggiosa
raffigurazione di S.Sabina, Leone Magno, in seguito
alle dispute monofisite, nel 451 aveva affermato la natura umana di Cristo
"appesa alla croce e trapassata dai chiodi" finchè il
Concilio detto Trullano del 692, ordinò di
rappresentare direttamente il Cristo nella sua umanità sofferente. La
rappresentazione della Crocifissione ebbe grande
diffusione in tutto il Medioevo sino alle grandi Croci dei sec. XII-XIII nelle
cattedrali romaniche e gotiche nella duplice tipologia: quella della Croce di S.Damiano dove il Cristo appare ancora Triumphans
(trionfante sulla morte), e in quella del Cristo Patiens
(sofferente) che andò sviluppandosi nel sec. XIII per influsso delle correnti francescane.
I secoli successivi hanno prodotto immagini diverse della Redenzione: da Giovanni Bellini a Grunewald, da El Greco a Chagall, sino
all'essenzialità contemporanea come la Croce di Armando
Testa (1990) nelle cui linee oblique è presente l'abbandono doloroso del
Cristo obbediente:"Tutto è compiuto" mentre il colore luminoso è quello della
Risurrezione.
Immagini diverse per dire quella parola espressa nel
simbolo della Croce che tutti possono comprendere: "Non c'è amore più grande
di quello che dà la propria vita per i fratelli".
BIBLIOGRAFIA
M.F. TRICARIO -
Il credo dell'arte - AdP, Roma 2000
G.SALA Lacroce e il crocifisso - suppl a
Evangelizzare - Marzo 2003 EDB
C.RUGGERI
- Stenografie dell'anima - 1991 PIEMME