CIPPO O STELE DI ABERCIO - Roma Museo
Pio Cristiano
I
Dati: marmo bianco altezza cm 59,
lunghezza cm. 42, larghezza cm. 40.
Ritrovato
ad Hammam presso Geropoli (Turchia).
Datato
170-200
Si
tratta di un'ara sepolcrale entrata nella letteratura scientifica con la
denominazione "cippo di Abercio" Simile, tipologicamente, ad altre
rinvenute in Asia Minore che hanno permesso la ricostruzione del monumento nei
suoi caratteri distintivi: coronamento aggettante su alta fascia liscia, corpo
parallelo con specchi sui lati, base su
alto zoccolo e modanature speculari al coronamento.
L'iscrizione era originariamente incisa in tre registri per un totale di 34 linee . Era strutturata in 22 versi
esametri; si conserva per circa un terzo ma si è potuta ricostruirla quasi
completamente grazie all'aiuto dell'epigrafe di ALEXSANDROS recante un
analogo formulario di apertura e di chiusura del testo, scoperta in una
località poco distante dalla Frigia luogo della scoperta di quella di Abercio.
Datata 216 d.C., l'epigrafe di Alexsandros comprendeva i primi e gli ultimi tre
versi del carme di Abercio al quale si era ispirata. Così si è potuto
ricostruire il contenuto dell'epigrafe di Abercio.
Chi è Abercio ? è un vescovo di Geropoli in Frigia.
Di lui esiste una Vita leggendaria tramandata in numerosi codici
medievali a partire da quello del IV secolo. Vi si racconta che Abercio, noto
per la sua fermezza e santità, sarebbe stato chiamato a Roma dall'Imperatore
Marco Aurelio per liberare dal demonio la propria figlia Lucilla. Giunto nella
città, Abercio avrebbe liberato dal
maligno la principessa, dopo di che avrebbe ordinato al diavolo di trasportare,
da Roma a Geropoli, una pesante pietra sulla quale, tornato in patria e dopo
aver visitato la Siria e la Mesopotamia, avrebbe fatto incidere da vivo il
proprio epitafio.
Il
cippo venne trovato
dall'archeologo William Ramsay dell'Università di Aberdeen in Scozia ad Hammam presso Geropoli incastrato nelle
mura di un edificio termale e composto di due frammenti. Le due parti furono donate, dal sultano di
Turchia e dallo stesso Ramsay, a Papa
Leone XIII nel 1892 per il suo giubileo sacerdotale e quindi conservati nei
Musei Vaticani.
IL TESTO DELLA STELE voluta dal vescovo di Gerapoli Abercio per la sua
sepoltura dice:
"Cittadino di eletta
città, mi sono fatto questo (monumento) da vivo per avere qui nobile sepoltura
del mio corpo. Il mio nome è Abercio discepolo del casto pastore che pascola i
greggi di pecore sui monti e in pianura, che ha grandi occhi che dall'alto guardano dovunque. Egli infatti
mi insegnò(...) scritture degne di fede e mi inviò a Roma a contemplare il regno
e vedere la regina in aurea veste e in
aurei calzari. Vidi là un popolo che porta uno splendido sigillo. Vidi anche la
pianura e tutte le città della Siria (anche) Nisibi oltre l'Eufrate. Dovunque poi ebbi confratelli , avendo Paolo
compagno di viaggio. La Fede dovunque
(mi) guidava e (mi) presentò per cibo
dovunque un pesce (derivato) dalla fonte, immensa , pura che una casta vergine
concepì e questo (la Fede) diede a
mangiare agli amici sempre, avendo un vino eccellente che mesceva con pane. Queste cose in mia presenza dissi io Abercio che così si scrivessero
mentre mi trovavo nel settantaduesimo anno.
Queste cose chi comprende e sente come me, preghi per
Abercio. Nessuno poi nella mia tomba porrà un altro. Se no, pagherà all'erario
dei Romani duemila aurei e all'ottima patria Hieropolis, mille."
Il
LINGUAGGIO simbolico, figurato, criptico e arcano è quello del cristianesimo della
clandestinità che, volutamente, cerca di rendersi incomprensibile ai profani
per parlare solamente a coloro che sono
in grado di capire, come lo stesso Abercio avverte.
Si tratta di un
testamento spirituale in cui Abercio
riassume tutta la sua esperienza di fede cristiana attraverso metafore ed
espressioni simboliche dense di significato dogmatico.
All'inizio
egli si ritiene discepolo del BUON PASTORE ( il B.P. è la prima figura
simbolica di Gesù nella sua dimensione soteriologica).
Un
Pastore DAI GRANDI OCCHI in quanto il pastore è Dio onniveggente. Poi
dice di avere appreso dal pastore la verità della Fede. Più avanti descrive il
suo viaggio a Roma dove conosce il centro della Chiesa universale che si manifesta
come una REGINA VESTITA D'ORO e un POPOLO cioè la comunità
cristiana MUNITA DALLO SPLENDIDO SIGILLO, cioè il Battesimo della fede
cristiana.
Dice che l'apostolo Paolo è il suo
compagno spirituale e che la Fede lo guida ovunque e gli dà come nutrimento il PESCE
mistico. Il pesce è il diffuso simbolo di Cristo che deriva dall'acrostico
greco ICQUC (Gesù Cristo di Dio Figlio
Salvatore) CONCEPITO DALLA VERGINE
CASTA (Maria). Qui c'è chiaro
riferimento all'Eucaristia che in quei primi secoli era rappresentato come
pesce accanto ai pani. Abercio poi invita a PREGARE PER LUI (qui abbiamo
un riferimento alla fede nella preghiera per i defunti che, come si vede,
appartiene agli inizi). Intìma poi una pena pecuniaria molto forte per
dissuadere qualcuno dal violare il
sepolcro.
IMPORTANZA DEL CIPPO
G.B.
De Rossi il primo grande scopritore delle catacombe di Callisto, nel 1888
defini l'epitafio di Abercio "regina delle iscrizioni cristiane e la più antica
sicuramente databile" .
Il
sostegno della stele come attualmente presentato nel Museo Pio a Roma, venne fatto eseguire dal Marucchi nel 1894.
Nel
1957 fu disposto un calco in gesso ricostruttivo dell'intera ara
realizzato confrontando l'iscrizione di Alexandrus del tutto simile anche nel
formulario a quella di Abercio. L'epigrafe, oggi universalmente riconosciuta
come cristiana, contiene quei passi di maggior importanza e maggior interesse
teologico che la rendono un documento notevolissimo per il suo simbolismo
cristiano e l'alta antichità.
ALTRE EPIGRAFI

Epigrafe di LICINA
AMIAS proveniente
dalla Necropoli Vaticana e conservata al
Museo Nazionale Romano.
Dopo la dedica di matrice ancora pagana
agli Dei Mani, essa esordisce con
l'invocazione greca al Cristo pesce dei viventi, resa con l'acrostico ICQUC (Gesù Cristo di
Dio Figlio Salvatore) e seguito dalla raffigurazioe di un'ancora e due pesci
affrontati a quanto al termine
"viventi" si è notato che esso era usato fin dal II secolo per alludere ai
fedeli vivificati dal sacramento battesimale.
La corona lemniscata inserita tra la DM
riprende la consuetudine propria dei monumenti funerari romani e propone un
elemento figurativo che poi assumerà significati diversi alludendo alla corona
del martirio o al premio eterno al quale i fedeli devono aspirare.
Quanto al resto del testo conservato esso appare come altri contemporanei
neutro, con la generica espessione "benemerita", cui seguiva l'età della
defunta, testo perduto.
STELE DI PECTORIO
inizio III sec. Stele trovata presso Autun nel 1830, risale probabilmente al IV
secolo. Si compone di tre distici elegiaci e 5 esametri. I primi cinque versi
formano l'acrostico ICQUC (Gesù
Cristo di Dio Figlio Salvatore) La seconda parte è a carattere sepolcrale e
termina con un nome del dedicante: Pettorio.
"Divina
stirpe del pesce celeste,
serba un cuore
puro tra i immortali,
tu che hai
ricevuto la fonte immortale delle acque divine.
Riscalda il tuo
cuore amico, nelle acque perenni,
con le onde eterne
della nunifica sapienza.
Prendi il cibo,
dolce come il miele, del Salvatore dei santi.
Mangia a sazietà,
bevi finchè hai sete,
tenendo il pesce
nelle palme delle tue mani.
Nutrimi, dunque,
del pesce, ti prego, Signore salvatore;
che mia madre
riposi bene, ti supplico, o luce dei morti.
O padre Ascandio,
carissimo al mio cuore, con la dolce madre e i miei fratelli, nella pace dellICQUC ricordati el tuo Pettorio".
La prima parte è didascalica, si
rivolge al lettore definendolo divina stirpe del pesce celeste evocando il suo battesimo (FONTE
IMMORTALE) ed invitandolo all'eucaristia. delle acque divine e
l'Eucaristia il CIBO DOLCE COME IL MIELE.
L'antico rito della comunione ricevuta nelle mani
trapela dalle parole "TIENI IL PESCE NELLE PALME DELLE TUE MANI. " La
seconda parte è più personale: Pettorio prega per sua madre e chiede ai
genitori e fratelli DEFUNTI DI RICORDARSI di lui nella pace del pesce
(nell'eternità beata).
Scrive D.Mazzoleni (in riferimento a
tutte le epigrafi cristiane):"Non bisogna pensare che queste epigrafi siano in
prevalenza di esponenti del clero, forniti di maggiore preparazione teologica.
Anzi nella maggior parte dei casi sono semplici fedeli, magari dalla scarsa
cultura, che fanno incidere, spesso da mediocri lapidici, testi dal profondo
contenuto spirituale, per proclamare alcuni principi fondamentali della loro
fede, soprattutto relativi a taluni dogmi e al valore spirituale di certi
sacramenti primo fra tutti il battesimo". I concetti che ricorrono maggiormente
nelle epigrafi sono la fede nella risurrezione, l'affermazione dell'unità e
trinita divine, la fede in Cristo
salvatore e Dio, la vita eterna.
BIBLIOGRAFIA
M.GUARDUCCI . Epigrafia greca,IV
Roma 1978
D.MAZZOLENI, Epigrafi del Mondo
Cristiano Antico - Letteran University Press,2002 Roma
D.MAZZOLENI, Vita quotidiana degli
antichi cristiani nelle testimonianze delle iscrizioni , in Archeo-Dossier 6
1987
AA.VV. Dalla terra alle genti ,La
diffusione dei cristiani nei primi secoli - 1996 Electa, Milano
FIOCCHI,BISCONTI,MAZZOLENI,
Le catacombe cristiane di Roma
Schnell e Steiner, 1998 Regensburg Germania
LUIGI CERVELLINI, L'arte cristiana delle origini -
Elledici ,1999 Torino