IL BEATO GIOVENALE ANCINA NELLA PALA LOVERA
La mostra celebrativa per il
Quarto Centenario della morte del Beato Ancina
vescovo di Saluzzo nel 1600, che ha impegnato la sottoscritta
nella realizzazione di una trentina di pannelli espositivi, ha concluso il suo percorso con una tela ancora sconosciuta
rappresentante l'Ancina in preghiera davanti
all'immagine di Cristo Salvatore. Un dipinto di cm.210x104
di cui il prof.Natale Pasquale, attentissimo
ricercatore e storico, aveva trovato notizia nell'articolo Le visite pastorali
del beato Ancina nella Diocesi di Saluzzo
a firma M.Balbis ed E.Dao
sul Bollettino della Società degli Studi Storici di
Cuneo al n° 83 del 1980.
L'opera, in antico nel Duomo
di Saluzzo, è di proprietà della Casa dei Conti Lovera di Saluzzo che ha voluto
concederla in prestito al Duomo in occasione della mostra; la tela,
collocata accanto all'altare del Beato è
stata presentata dal Parroco, Don Priotto insieme
alle reliquie contenute nelle nelle
teche e conservate dal Can.G.Gisolo nell'Archivio
vescovile di Saluzzo.
IL DIPINTO
La grande
figura del Salvatore campisce tutto lo spazio del quadro ed emerge come
un'apparizione sul fondo nero. E' questa
una tecnica pittorica molto diffusa nel 500 per
influenza dell'uso che ne fa Leonardo; lo si trova nei ritratti, ma anche nelle
opere a soggetto religioso, ne è prova la notissima Madonna del Granduca di
Raffaello che si trova a Firenze in Palazzo Pitti. Una tecnica sviluppata poi
nei ritratti dei Manieristi dove si coniugano le caratteristiche dei grandi
maestri del primo 500 nella novità di opere di
intensa espressività.
LA DIDASCALIA
In calce al quadro del Salvatore appare una
didascalia le cui fitte abbreviazioni - che hanno lambiccato le menti degli
specialisti convocati - rendono difficile una precisa lettura: citato il nome
dell'Ancina, la data d'elezione a vescovo, la sua
difficoltà ad accettare la carica, la sua fuga furtiva da Roma, il rimando alle
virtù che gli meritarono il centuplo e la sua nascita
alla vita eterna con la morte nell'ultimo giorno d'agosto del 1604.
Il dipinto del Salvatore, pur recando vistosi e anche erronei segni di interventi pittorici
successivi, conserva le caratteristiche che la riconducono alla seconda metà
del 500: lo stesso volto del Salvatore ha le connotazioni somatiche dei volti
del 500 veneto, l'abito scuro su cui emerge il bianco colletto della camicia,
lo stesso cromatismo freddo argenteo che sembra ricordare certe opere del Lotto
e del Moretto.
L'icona,
che reca in alto il titolo Salvator mundi Christus Jesus, appare
affermazione di una Presenza che colpisce e coinvolge e che, anche sul piano compositivo e iconografico, richiama il tempo delle
Riforme: solo nella fede in Cristo Gesù c'è salvezza.

ESISTEVA IL QUADRO AI TEMPI
DELL'ANCINA?
La figura dell'Ancina invece si distingue tecnicamente dalla figura del
Salvatore ed anche compositivamente lascia perplessi.
E' stato ipotizzato, dice N. Pasquale, sulla base di
affermazioni del Bacci in Vita del B. Giovanni
Giovenale Ancina p.188
(1671.n.E. 1890), che il quadro esistesse già durante la vita dell'Ancina e che il beato pregasse di fronte a quel
Cristo. Scrive testualmente il Bacci: "Si teneva cara l'Uomo di Dio una
divota immagine del Salvatore, tenendola come grato
pegno e cara rimembranza del suo diletto, e con essa era solito di sfogare gli
affetti del suo cuore. Sulla base di quest'affermazione l'immagine dell'Ancina
sarebbe stata dipinta, dopo la sua morte, accanto a quella del Salvatore
preesistente. L'osservazione della superficie pittorica non avvalora quest'ipotesi e solo l'esame ai raggi infrarossi potrà dare
una risposta definitiva.
Storicamente
certa è invece l'esistenza del quadro dopo la morte dell'Ancina;
la fonte è una notizia reperita dallo stesso prof.Pasquale nel piccolo volume del
1890: Vita, virtu', miracoli del B. Giovenale Ancina vescovo di Saluzzo scritto
da Un Canonico della Cattedrale di Saluzzo, un
autore che umilmente ha voluto conservare l'anonimato. Egli scrive che
durante la causa di beatificazione, nel 12 marzo 1889, furono
discussi i miracoli avvenuti per intercessione dell'Ancina
ed in particolare due: quello del saluzzese
Alessandro Vacca e della veneziana Caterina Centenari.
MIRACOLI DAVANTI ALL'ICONA
Il Vacca nel 1617 fu colto da febbri persistenti, cui seguì
la comparsa di un ascesso tra la sesta e settima costola del lato sinistro, il
tutto accompagnato da metastasi. Dalla lunga descrizione che fornisce il cronista
lascia presumere la presenza di un tumore maligno che si stava estendendo nel
torace. Il pover uomo, dopo ventidue mesi di dolori
atroci, si recò con fatica in Duomo per assistere alla Messa e si soffermò a
pregare dinnanzi un quadro che rappresentava il beato orante ai piedi del
Salvatore. Chiese devotamente all'Ancina di
intercedere per ottenere la guarigione e così avvenne, narrano i testimoni, con
gran giubilo di Alessandro Vacca e della sua
famiglia.
Quindi da sicura fonte sappiamo che nel 1617 il quadro
esisteva ed era in Cattedrale.
A questa, si aggiunge la
notizia fornita da F.A. Della Chiesa nel 1629 in
Vita del Servo di Dio Mons. Giovenale Ancina di Fossano Vescovo di Saluzzo riedito a cura di E.Dao 1992 dove a pag. 70 si legge: Ma crescendo tuttavia
per la virtù la fama della santità di questo buon Prelato, molti divoti tanto della Città che forestieri, nelle loro
infermità, o altri loro bisogni se li votarono, e ricevendo le gratie al suo sepolcro, e all'immagine sua, che sta
inginocchiata a piedi del Salvatore posto a lato dell'Altare Maggiore.
Quest'immagine, a prescindere dagli esami sulla sostanza pittorica, resta,
nella sua realtà coinvolgente e inquietante, silenzioso testimone della forza
della preghiera e dell'efficace intercessione di un cristiano riuscito, un
santo, in cui si realizza la parola di Gesù: I segni
vi seguiranno (Mc.16,17)
CORRIERE DI SALUZZO 9 SETTEMBRE 2004