
A PAGNO, S.GIOVANNI BATTISTA DI JOHANE
PETRO
Le feste di giugno, S.Giovanni
Battista e S.Pietro e Paolo ci hanno riportato agli
importanti dipinti dell'Abbazia dei Ss.Pietro e Colombano di Pagno.
Del monumento abbiamo già parlato nell'ambito dei 500 anni della Diocesi, ma un
recente evento, davvero singolare, ci ha riproposto la contemplazione di questo
sito, testimone della più antica origine cristiana del nostro territorio
diocesano: la ricorrenza dei 10 anni di episcopato del vescovo Mons. Giuseppe
Guerrini, celebrata come si è detto proprio nell'abbazia, in coincidenza con la
giornata sacerdotale. L'evento ha raccolto, nell'ampia navata della chiesa, la
maggioranza dei sacerdoti diocesani, insieme ai vescovi
emeriti mons. Diego Bona, mons. Sebastiano Dho
e il nunzio apostolico mons Giulio Einaudi. Uno spettacolo stupendo e una
meditazione gioiosa su questa nostra Chiesa 
che, sul fondamento di Cristo, attraverso i suoi
pastori, da 2000 anni ci dona Gesù e il suo Vangelo.
Nel corso della celebrazione Mons
Vescovo ha presentato la figura di un protagonista del cristianesimo, S.Colombano contitolare dell'abbazia e fondatore del
movimento monastico che, nel sec VIII, abitò questo luogo voluto dal longobardo
Astolfo. I monaci portarono così stabilmente, nel
nostro territorio il cristianesimo, già annunciato in epoca tardoantica
(sec IV-VI.)
La dott.ssa Sonia Damiano dell'Ufficio
Beni Culturali della Diocesi in una ricca relazione ha presentato la storia e
l'arte del monumento di cui restano visibili le tracce epigrafiche del primo
cristianesimo: nell'interno, infatti, è murata l'iscrizione paleocristiana
di Regina datata oggi attendibilmente
al IV-V secolo (Pennella Coccoluto ICI IX 14). All'esterno, la lastra con decorazioni a
intreccio vimineo murata in facciata, confermerebbe l'origine longobarda
dell'edificio, la cui prosperità terminò con le incursioni saracene che la
devastarono e la distrussero. Tra il 1035-1091 la chiesa fu ricostruita. La
fase romanica dell'abbazia, che viene tradizionalmente attribuita alla contessa
Adelaide, aveva la facciata, ancora visibile a ovest, mentre ad est appaiono, riprese, le tracce delle
absidi romaniche, sul luogo delle quali sorse la nuova facciata. All'interno, nel sottotetto, restano frammenti
della decorazione ottoniana ad affresco dell'XI secolo: una bella testa
d'angelo probabile parte di un'Annunciazione o di un Giudizio universale.
L'interno dell'edificio doveva essere a tre navate con due file di pilastri;
otto scalini davano accesso al presbiterio. Gli sviluppi dei secoli successivi con le riplasmazioni
quattrocentesche e settecentesche, hanno regalato opere pittoriche di grande
valore come l'arcangelo Michele di Hans Clemer,
la cappella di S.Biagio attribuita al Maestro
delle volte di Elva a cui è assegnato anche il dipinto dell'edicoletta esterna dell'abbazia, con il crocifisso e, a
Brossasco, dell'Adorazione dei Magi nel campanile.
L'altare di S.Biagio è purtroppo frammentario,
resta l'immagine del santo e quella, ben caratterizzata, di S.Crispino
calzolaio.
Nella prima cappella a destra il ciclo
pittorico con le storie del Battista, opera di grande qualità, attribuito a Johane Petro che ha firmato a
Verzuolo, nella faccciata
dell'antica parrocchiale, la
Deposizione
dalla croce. Un artista considerato come il più moderno pittore del saluzzese
prima di Hans Clemer; il suo linguaggio, dice
Massimo Bartoletti - di matrice tardogotica fiammingo provenzale, si vale di un
colore pieno e luminoso, la figura è modellata con graduali passaggi di
chiaroscuro di un naturalismo molto efficace nel restituire svariate
sottigliezze epidermiche. (M. Bartoletti 2008, p 189)
Il complesso è rovinato ma
ancora ben leggibile;
diviso in riquadri, presenta i racconti della vita del Battista narrati dai
quattro evangelisti. Nel ciclo è inglobata un'edicola ogivale in cui è dipinto il Cristo in pietà
tra Maria e Giovanni. l'iconografia presenta il
Crocifisso che, vivente, si offre alla pietà dei credenti. L'immagine
si potrebbe
interpretare come espressione aggiornata dell'annuncio Kerigmatico delle
origini: Cristo morto, è vivo.
Nella scena inferiore, al di sopra
dell'edicoletta, è rappresentata la predicazione del
Battista e il momento in cui egli indica ai discepoli Gesù che passa: Ecco
l'agnello di Dio, Gv. 1,29-34. Nella scena centrale Gesù è battezzato nel
Giordano. La sua figura grandeggia luminosa sull'ambiente naturalistico, dove
viene presentata una significativa iconografia trinitaria. In alto il Padre raffigurato secondo
il criterio rinascimentale dell'antico dei giorni (Dn.7,9);
un raffinato cartiglio scende recando la parola: Questi è il mio figlio
diletto.al di sotto la colomba dello Spirito Santo, di cui Giovanni rende
testimonianza (Gv1,32-34) scende sulla testa di Gesù che è aureolato dal nimbo
crociato. La bella composizione è
limitata all'orizzonte da colline, con mulini e scene di lavoro agricolo di
evidente richiamo a realtà locali. Il Battesimo è fiancheggiato dalle grandi e
belle figure monastiche di S.Benedetto e S.Scolastica fondatori del movimento
cenobitico.
Nei riquadri superiori appare l'arresto
e la condanna di S Giovanni Battista che, imprigionato viene poi decapitato. La
scena a destra molto rovinata chiude il racconto presentando il banchetto di
Erode, in cui si consuma la condanna del testimone, fedele sino al martirio. La
sua testa è visibile sul tavolo, ormai silenziosa, la testa di uno che ha saputo essere una voce Voce - dice Papa Francesco - della Parola, così come la Chiesa solennemente radunata intorno al pastore, deve essere voce di questa Parola, solo una voce, fino al
martirio. (papa Francesco 25 giugno)
Corriere Saluzzo 12.7013